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Ghosting

Ghosting

Le Ossessioni d’Amore al tempo dei social network: Spunte blu, like e visualizzazioni

 

 

ghostbusters

 

Cos’è il Ghosting

Il ragazzo con cui stai chattando visualizza e non risponde?

La ragazza con cui stai chattando visualizza, non risponde ma poi ti mette un like o guarda le tue storie su Instagram?

Un amico con cui stavi chattando è sparito improvvisamente e non risponde più?

 

Se sei arrivata/o in questa pagina e hai iniziato a leggere, probabilmente stai tediando amici e parenti per trovare complesse e sofisticate spiegazioni neoplatoniche per capire un comportamento apparentemente insensato, oppure ti stai facendo una serie di domande sul perché non riesci a sottrarti da questa ossessione e cancellarlo/a definitivamente dalla tua vita o almeno dal tuo smartphone.

Iniziamo facendo un po’ di chiarezza sulla valanga di nuovi termini che si stanno moltiplicando ultimamente, per spiegare nuovi e vecchi fenomeni di interazione o meglio diversi livelli di sparizione al tempo delle chat.

 

Benching

(da bench panchina, mettere in panchina): si verifica quando l’interlocutore temporeggia, ovvero si prende tempo, talvolta mooolto tempo, per rispondere ai messaggi o dà risposte vaghe e/o monosillabiche, generando lunghe attese e frustrazioni in chi aspetta.

Ghosting

(da ghost, fantasma): la persona con cui si sta uscendo, decide di mettere fine alla frequentazione, interrompendo tutte le comunicazioni e semplicemente sparendo, ignorando tutti i tentativi di comunicazione dell’altro! Nel dettaglio quello che accade è che improvvisamente il nostro Principe Azzurro non legge più i messaggi, oppure li visualizza e non risponde, non risponde alle chiamate, dissolvendosi nel nulla.

Il sito di incontri canadese Plenty of Fish ha indetto un sondaggio per capire quanto è esteso questo fenomeno tra i propri utenti, rilevando che su un campione di 800 soggetti tra i 18 e i 33 anni, quasi l’80% di essi ha subito un’esperienza di ghosting.

Orbiting

(tenere nella propria orbita): in questo caso il processo si fa più complicato, perché la persona che, precedentemente era sparita dai radar, all’improvviso ricompare dando segnali ambigui (rinforzo intermittente), come mettere like ad alcuni status su facebook o visualizzare le storie su Instagram.

Zombieing o To Pop Up

Quando i Mister X improvvisamente e dopo una lunga latitanza, a volte di mesi o anche anni, riemergono dall’oltretomba, come Zombie appunto e danno un segno di vita: un like o un messaggio banale del tipo “Come va?” Come se niente fosse, come se vi foste sentiti fino al giorno prima.

Queste modalità di comportamento, recentemente piuttosto in aumento, possono apparire come fenomeni insensati e complessi, fino a configurarsi come violenze psicologiche per chi le subisce. Molti in ambiti diversi (dalla psicologia, alla sociologia, al marketing, alla comunicazione) stanno cercando di capire perché le persone si comportino così e se questo dipenda dal mezzo di comunicazione o dalle caratteristiche proprie degli attori di queste interazioni.

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Avviso per il lettore:

prima di continuare a leggere, voglio sottolineare che in questo scritto ho intenzionalmente evitato di trattare argomenti cari alla comunicazione online come il narcismo maligno o gli stili di attaccamento personali che secondo alcuni potrebbero incidere su questi comportamenti. L’ho fatto per due motivi.

Il primo riguarda la serietà delle diagnosi cliniche che necessitano di notevoli competenze e di strumenti specifici per essere poste e che rischiano di essere banalizzate, mal interpretate e appiccicate addosso a ex fidanzati latitanti.

Il secondo motivo è che questa modalità, quella dell’attribuzione impropria e senza riscontri scientifici di caratteristiche cliniche, sembra fomentare una sorta di mitologia della cattiveria altrui che ci fa sentire forse più legittimati ad odiare ma che non ci permette di vedere il quadro e reagire in modo funzionale, lasciandoci impantanati e sofferenti, soli e impotenti.

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Ripartiamo nella nostra analisi, cercando di fermarci per un attimo a pensare se siamo mai stati noi per gli altri dei Ghoster?

Se ci è capitato o abbiamo visto amici farlo, forse possiamo già risponderci in parte.

Cominciamo dalle intuizioni di base, dal senso comune.

Il Ghoster

Talvolta dopo aver parlato con qualcuno che ci interessava molto, ci siamo accorti che questo interesse si era interrotto improvvisamente.

Perchè? Magari durante una conversazione ci veniva detto o raccontato qualcosa che non ci piaceva, che ci disturbava o che era offensivo, magari semplicemente abbiamo iniziato ad annoiarci e a notare che gli argomenti si ripetevano, che non venivano approfonditi nel modo in cui ci sarebbe piaciuto, che l’altro non capiva il nostro senso dell’umorismo, che l’altro iniziava a divenire pressante, richiedente ed esagerato rispetto al livello di intimità percepito da noi, insomma che quell’oro non luccicava affatto.

E allora, complice un mezzo di comunicazione che non premia i guerrieri impavidi, ma che ci permette di celarci dietro un monitor, abbiamo scelto la via apparentemente più facile: l’Evitamento!

Che cosa è l’evitamento?

L’evitamento è una strategia comportamentale messa in atto per difendersi da situazioni o eventi che ci inducono sensazioni sgradevoli.

Ovviamente questa strategia è adattiva, quando usata in modo efficace e ci permette di evitare tutta una serie di stimoli che minaccerebbero il nostro benessere. In parole povere se incontro un cobra e scappo, questo “evitamento” dell’ oggetto fobico mi salva la vita; ma se ogni volta che ho paura di un’ interrogazione, non vado a scuola, a lungo andare questo comportamento alimenterà la mia ansia, facendola crescere in modo esponenziale, fino a  farmi sentire incapace e ancor più impaurito.

Quindi tornando ai nostri eroi della sparizione, ai nostri prestigiatori delle relazioni, possiamo dire che una spiegazione semplice quanto frequente talvolta si riduce a qualcosa di banale capitato durante le interazioni con voi: non si sono sentiti a loro agio, oppure non hanno trovato quello che cercavano o ancora avete smesso di piacergli e non hanno avuto la consapevolezza o il coraggio di affrontare la questione, pensando che era più comodo e facile evitarvi.

Se il vostro Houdini funziona in questo modo, probabilmente non lo ha fatto solo con voi e in questo contesto, probabilmente vive così le difficoltà e le emozioni negative che ne conseguono.

Quello che posso dirvi però è che scappare dà sollievo, un immenso sollievo nei primi momenti, poi l’ansia torna e quando torna diventa attanagliante.

 

Proviamo adesso ad immedesimarsi nella psiche di coloro che invece spariscono e riappaiono come le lucine dell’albero di Natale, quelli che fanno Orbiting.

Che cosa spinge qualcuno a entrare ed uscire dalla vita degli altri, accollandosi talvolta le possibili reazioni indignate e confuse dell’altro, o dovendosi trovare i Dm di Instagram intasati di screenshot di storie visualizzate corredate di messaggi minatorii?

Di nuovo partiamo dal senso comune.

  • Qualcuno effettivamente non ha idea di come funzionino le visualizzazioni e sta lì, come un tranquillo voyeur ignaro del fatto che Mark Zuckerberg ha predisposto tutto affinché nessuno possa più stare tranquillo. Loro non fanno testo. Semplicemente non sanno di essere visti, non cercando intenzionalmente di farsi vedere.

Chi invece sa come funzionano i social network invece potrebbe avere motivazioni diverse:

  • quelli che vogliono tenere aperta qualche opzione magari in futuro, lasciando aperto un canale comunicativo attraverso like random e visualizzazioni, nel caso in cui decidessero di lasciare la fidanzata con cui convivono da 6 anni
  • quelli che passano la giornata sui social e alla fine guardano i contenuti di tutti, senza grosse selezioni. Ovvero “non sta guardando la tua storia, ma sta guardando le storie di tutto il pianeta”
  • quelli a cui piaci ma che non sono effettivamente pronti per avere una relazione, quindi traccheggiano come la prima volta che decidi di buttarti dagli scogli e finisci per fare avanti e indietro in modo meccanico e goffo e con lo sguardo impaurito
  • quelli che si sentono in colpa per averti piantato in asso e allora cercano di ricompensarti attraverso una sorta di visibilità mediatica, come se ti offrissero loro stessi come pubblico, come se pensassero di rimediare, facendoti fare più like

 

Potrei andare avanti all’infinito, perché le motivazioni individuali sono varie e disparate e in fin dei conti tutte legittime, se vengono approfondite. Quello che è interessante in questa seconda categoria   è l’uso di un meccanismo psicologico noto come Rinforzo Intermittente.

 

Cosa è il rinforzo intermittente?

 

cuore in gabbia

E’ uno dei modi più efficaci per aumentare la frequenza di un comportamento e mantenerla nel tempo.

Mi spiego meglio. Questo tipo di meccanismo sta alla base di un comportamento come quello che agiscono le persone davanti alle slot machines. Questi dispositivi a volte, cioè in modo intermittente, erogano premi. Le persone, alcune persone, davanti alla slot machine, giocano. Se vincono continuano a giocare perché hanno vinto, se perdono continuano a giocare finché non vinceranno di nuovo.  Se iniziamo a pensare all’orbiting in questo senso, sarà facile capire che questo meccanismo inchioda i pensieri delle persone sulla persona che ci sta erogando attenzioni in modo intermittente.

Quando lo fa, siamo felici e attivati e ne vogliamo ancora; quando non lo fa stiamo lì ad arrovellarci, controllare, domandarci cose, restando inchiodati lì, in attesa che lo faccia di nuovo.

 

Per questo considero questo fenomeno interessante a livello psicologico, perché l’orbiting è un meccanismo che messo in atto, spesso anche in modo non volontario e non lesivo, ci trattiene, ci blocca, come un ingranaggio di sabbie mobili.

Quando siamo lì dentro, tutto si concentra su quella persona, ogni like porta via pomeriggi di dissertazioni e sofferenze, aspettative e illusioni.

 

In sintesi, vorrei che questo piccolo approfondimento servisse per domandarci in modo più strutturato e meno giudicante cosa spinga gli altri a fare/farci qualcosa, cercando anche di riflettere su cosa possiamo fare noi per sottrarci alla sofferenza, in fin dei conti, come diceva Jean Paul Sartre

 

“La libertà è ciò che fai con quello che ti è stato fatto.”

 

 

Dott.ssa Caterina Franci

Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale

 

caterinafranci@gmail.com

 

 

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