Ho cominciato nel 2010 quando ancora in veramente pochissimi avevano sentito parlare di Mindfulness, e per lo più in contesti specializzati, conferenze, congressi, ambiti scientifici. E le persone che sceglievano di partecipare a un programma di Mindfulness mi venivano inviate soprattutto da colleghi, che cominciavano ad essere informati sull’efficacia curativa di questo approccio, magari in certi casi da abbinare o da portare a conclusione di un percorso di psicoterapia.
Ricordo bene che c’era necessità di fare incontri di gruppo con i colleghi, per spiegare loro le caratteristiche di questo percorso, cosa potessero aspettarsi e cosa no, quali erano le peculiarità e perché avrebbero potuto consigliarla ad alcuni dei loro clienti.
Da allora, abbiamo avuto circa 400 persone che hanno partecipato ai nostri corsi, inizialmente più intimi e di piccole dimensioni, poi sempre più grandi e numerosi, in virtù della diffusione sempre maggiore di questa pratica.
Siamo alla 30esima edizione dei programmi di Mindfulness, i prossimi gruppi partono a Febbraio 2020. Abbiamo condotto gruppi di MBSR (Mindfulness-based Stress Reduction) e MBCT (Mindfulness-based Cognitive Therapy) e le persone che hanno fatto il percorso si sono dette soddisfatte, cresciute, educate a un modo di vivere diverso da quello a cui erano abituate.
Cos’è un Percorso diMindfulness
Perché il percorso di Mindfulness, in particolare di MBSR (Mindfulness-based Stress Redcution) non è una terapia, anche se può essere molto terapeutica, ma è un percorso di crescita, di apprendimento dalla propria esperienza.
È un apprendere che esiste già un’esperienza, che parte dal corpo e poi diventa emotiva e cognitiva, delcuore e della mente. E questa esperienza viene spesso ignorata dalla maggior parte di noi, e scoprirla spesso porta a un vero stupore.
Questa è la pratica della consapevolezza: scoprire che c’è una esperienza continua che non va ignorata ma valorizzata con un ascolto intimo aperto profondo, intenso e delicato insieme, perché ha tante cose da dirci, tante informazioni da darci, su come stiamo, quali sono i nostri bisogni più profondi. Purtroppo nella maggior pare dei casi siamo disconnessi dal nostro corpo, fonte principale di queste informazioni, e quindi le perdiamo, non sappiamo più chi siamo veramente, di cosa abbiamo bisogno e continuiamo a perseguire degli obiettivi collegati all’apparenza, al successo, alla forma, al pregiudizio, piuttosto che all’essenza delle vita, dei valori, dei bisogni emotivi, affettivi, sociali.
Non viviamo per lo più così tutti noi? Corriamo e corriamo e corriamo, per arrivare da qualche parte, per raggiungere quegli obiettivi che ci sembrano così importanti, e sicuramente anche lo sono, ma perdendo totalmente di vista dei bisogni profondamente umani e basilari come la socialità (quella vera, fatta di contatto fisico e presenza fisica), le relazioni, il riposo (anche qui, quello vero, non “riempito” di qualcos’altro, come navigare su internet, curiosare sui profili social altrui, fare shopping online…) e il dedicarsi ad attività piacevoli e divertenti come gli “hobby” ormai desueti (leggere, dipingere, fare fotografia o falegnameria, dedicarsi alla musica o a uno sport….uno sport, non soltanto all’esercizio fisico che si fa in palestra per tenersi in forma, ma quello che combina regole, disciplina, relazioni, rispetto, impegno).
I partecipanti dei percorsi di Mindfulness hanno detto
Le persone che hanno partecipato ai nostri programmi Mindfulness ci hanno raccontato la loro esperienza nei modi più diversi e personali. Tutti raccontavano qualcosa di simile a quello che ho descritto sopra: una forma di disconnessione da se stessi, dalla propria vita e se ne sono resi conto proprio grazie alla pratica della consapevolezza.
E anche se la vita poi ci risucchia nel suo turbinio di fare fare fare, quando abbiamo cominciato a praticare la consapevolezza ci accorgiamo che c’è un’altra possibilità di vivere ed è una possibilità fatta di sentire, di ascolto, di presenza, nella vita e nelle relazioni e soprattutto di presenza con se stessi. Abbiamo imparato che possiamo premere il tasto pausa, o almeno rallentare in questo flusso burrascoso, e riorientare il nostro ascolto ai nostri bisogni, a riconnetterci. Ed è come un aprire gli occhi. Quando hai cominciato ad aprirli, non ne puoi più fare a meno.
O almeno questo è stata la mia esperienza. E con questa esperienza e con questo ottimismo voglio cominciare questa edizione 2020, a 10 anni dalla prima edizione, consapevole che le persone ne hanno sempre più bisogno e infatti vengono a cercarci, per iscriversi ai nostri corsi.
Vuoi provare anche tu?
Se vuoi capire meglio di cosa si tratta, perché ne hai sentito parlare ma non ti è tutto chiaro (e in fondo è la mia speranza, perché quando abbiamo sempre tutto chiaro è più facile rimanere “fermi” e proseguire con i nostri preconcetti) scrivici, siamo sempre a disposizione!
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